Post by calvero on Jul 19, 2020 12:15:30 GMT 1
Quaderno da un'estate
Caro Diario (s'inizia così, no?).
Voglio lasciare, nascoste in queste pagine, cose a cui tengo in modo particolare, a tal punto in particolare che non saprei da quale punto iniziare a dirle. Voglio raccontarti dei segni inspiegabili che … ma, lasciamo stare, quelli verranno da soli, man mano. Non è semplice. Sai, quando vuoi riportare quel che è successo, si pensa di affidarsi a certi schemini cronologici, s'immagina il nucleo da raggiungere o come indagarlo. Non è così, e l'ho scoperto in pochi secondi, adesso! non appena mi ci sono messo. Bisogna seguire il flusso istintuale, invece, tanto? Ragion di più se tu sei un diario, no? Vediamo. Ecco. Mi sale alla mente del giorno in cui mi trovavo sulla Statale con Gianni (e quelle due scalmanate). Ma dai. Pensa te da dove mi tocca iniziare! Okay. Non era una notte buia e tempestosa, no. Era una notte calda e suadente e si sfrecciava sulla mitica Pontebbana come missili. Dovevi vederci ventenni. A tal punto vivida l'immagine che la mia mano destra è come tenesse proprio adesso il pomello di quel cambio, percepisco la sua gommosità particolare, la sua forma che s'incunea e combacia nel palmo. Mano sinistra invece – lì, leggera, d'un tocco al volante, e occhio pronto allo specchietto.
Sì. Dai. Da qui. Da quell'estate! Il Capitolo Uno sta per iniziare. Le due scalmanate belle belle erano sedute dietro e me la menavano che corressi di più. Sbatacchiate da una curva all'altra, non gli bastava mai. Va bene, allora! Inizierà così, al presente.
«Siamo a centosettanta» faccio notare alle signorine. «Solo?,» è la replica in tono di sfida, prima una poi l'altra «dai dai, pesta». Gianni alza le mani. «Okay,» dico serenamente «come desiderate». "Ora ci divertiamo". Affondo l'acceleratore. No, non c'è Doris (la vera partita a Scacchi deve ancora iniziare). Intanto guido, guido sempre, io. Fumo di Londra è il grigio metallizzato del mio bolide e non ha nulla di vago, anzi scintilla e freme nei fanali, due occhi puntati nella notte di ogni notte. Voliamo sulla SS13, da Venzone sulla via per Gemona.
Voglio lasciare, nascoste in queste pagine, cose a cui tengo in modo particolare, a tal punto in particolare che non saprei da quale punto iniziare a dirle. Voglio raccontarti dei segni inspiegabili che … ma, lasciamo stare, quelli verranno da soli, man mano. Non è semplice. Sai, quando vuoi riportare quel che è successo, si pensa di affidarsi a certi schemini cronologici, s'immagina il nucleo da raggiungere o come indagarlo. Non è così, e l'ho scoperto in pochi secondi, adesso! non appena mi ci sono messo. Bisogna seguire il flusso istintuale, invece, tanto? Ragion di più se tu sei un diario, no? Vediamo. Ecco. Mi sale alla mente del giorno in cui mi trovavo sulla Statale con Gianni (e quelle due scalmanate). Ma dai. Pensa te da dove mi tocca iniziare! Okay. Non era una notte buia e tempestosa, no. Era una notte calda e suadente e si sfrecciava sulla mitica Pontebbana come missili. Dovevi vederci ventenni. A tal punto vivida l'immagine che la mia mano destra è come tenesse proprio adesso il pomello di quel cambio, percepisco la sua gommosità particolare, la sua forma che s'incunea e combacia nel palmo. Mano sinistra invece – lì, leggera, d'un tocco al volante, e occhio pronto allo specchietto.
Sì. Dai. Da qui. Da quell'estate! Il Capitolo Uno sta per iniziare. Le due scalmanate belle belle erano sedute dietro e me la menavano che corressi di più. Sbatacchiate da una curva all'altra, non gli bastava mai. Va bene, allora! Inizierà così, al presente.
«Siamo a centosettanta» faccio notare alle signorine. «Solo?,» è la replica in tono di sfida, prima una poi l'altra «dai dai, pesta». Gianni alza le mani. «Okay,» dico serenamente «come desiderate». "Ora ci divertiamo". Affondo l'acceleratore. No, non c'è Doris (la vera partita a Scacchi deve ancora iniziare). Intanto guido, guido sempre, io. Fumo di Londra è il grigio metallizzato del mio bolide e non ha nulla di vago, anzi scintilla e freme nei fanali, due occhi puntati nella notte di ogni notte. Voliamo sulla SS13, da Venzone sulla via per Gemona.
Cap. Uno
Dallo specchietto le vedo sconvolte che è un piacere. Al punto di essersi spettinate, che non sanno neanche loro come può essere. Dure al pezzo, sono incontentabili. E ora, domata la Golf in una veloce gincana, si torna a dibattere, Gianni la mena per il «Cinema!» (stacco, scalo in seconda e brucio a sinistra) Selena e Michela si tengono strette «Sagra!» urlano per tenersi e gasarsi …
… in una frustata il freno a mano! la macchina sbanda, in un urlo è l’asfalto, occhi sgranati spalanco la portiera, la Golf s'incanta – quell'attimo, inchioda. Mi sputo fuori e corro verso un cinereo e opaco, a tratti lucente, enorme bidone della spazzatura (so solo io cosa faccio, se-lo-so) in quello scatto lo raggiungo, apro in un colpo la mandibola d'acciaio e mi ci butto dentro, l'automatismo non si fa attendere e il coperchio sferraglia sopra la mia testa.
«Non si vede un cazzo» mi dico, tra robaccia e Dio sa solo cosa, sento come un'eco di voci impazzate lì fuori. "Spiazzàti li ho spiazzàti," mi galvanizzo e riprendo «qui, però, ahia!» niente appigli, sgomito con un triciclo (mi pare lo sia) per riaprire quel coperchio in lamiera, che, ancora un po’, e devo chiedere aiuto, ma ci riesco e balzo fuori, atterro di ginocchia, di ginocchio (è una botta alla rotula) trattengo ogni santo; ora guardingo nella pantomima di un agente segreto, parto per la prossima missione spiazzamento.
Gianni, lo vedo, sta battendo e batte i pugni sul cruscotto. Ride e non ci crede. Michela e Selena mi seguono con lo sguardo, ora stravolte ora magnetizzate, se potessi una foto! Sgomento ed euforia messi insieme, chi me lo leva il Pulitzer? Abbassano i finestrini per dirmi qualcosa e Michela si arrende, ora mani sul viso, la testa è già tra le ginocchia per rialzarla di nuovo nella variante di un singulto «Che-ti-ha… preso-che?». Selena è allo stadio successivo, le lacrime; i solchi a misurarle il viso, il trucco diventato acquerello scivolarle e smarrirsi sotto quegli occhi verdi. Gli occhi verdi più belli che conosco.
… in una frustata il freno a mano! la macchina sbanda, in un urlo è l’asfalto, occhi sgranati spalanco la portiera, la Golf s'incanta – quell'attimo, inchioda. Mi sputo fuori e corro verso un cinereo e opaco, a tratti lucente, enorme bidone della spazzatura (so solo io cosa faccio, se-lo-so) in quello scatto lo raggiungo, apro in un colpo la mandibola d'acciaio e mi ci butto dentro, l'automatismo non si fa attendere e il coperchio sferraglia sopra la mia testa.
«Non si vede un cazzo» mi dico, tra robaccia e Dio sa solo cosa, sento come un'eco di voci impazzate lì fuori. "Spiazzàti li ho spiazzàti," mi galvanizzo e riprendo «qui, però, ahia!» niente appigli, sgomito con un triciclo (mi pare lo sia) per riaprire quel coperchio in lamiera, che, ancora un po’, e devo chiedere aiuto, ma ci riesco e balzo fuori, atterro di ginocchia, di ginocchio (è una botta alla rotula) trattengo ogni santo; ora guardingo nella pantomima di un agente segreto, parto per la prossima missione spiazzamento.
Gianni, lo vedo, sta battendo e batte i pugni sul cruscotto. Ride e non ci crede. Michela e Selena mi seguono con lo sguardo, ora stravolte ora magnetizzate, se potessi una foto! Sgomento ed euforia messi insieme, chi me lo leva il Pulitzer? Abbassano i finestrini per dirmi qualcosa e Michela si arrende, ora mani sul viso, la testa è già tra le ginocchia per rialzarla di nuovo nella variante di un singulto «Che-ti-ha… preso-che?». Selena è allo stadio successivo, le lacrime; i solchi a misurarle il viso, il trucco diventato acquerello scivolarle e smarrirsi sotto quegli occhi verdi. Gli occhi verdi più belli che conosco.